La cessione di azienda è qualificabile come un’operazione straordinaria mediante la quale  un soggetto proprietario cede ad un terzo acquirente un complesso aziendale (sia esso funzionante o meno) dietro corresponsione di una somma di denaro, o talvolta, dietro riconoscimento di un particolare diritto, come nel caso di cessione d’azienda con costituzione di rendita vitalizia a favore del cedente. 

Qualora il prezzo della cessione dell’azienda sia, invece, costituito da altri beni, la fattispecie è più specificamente qualificabile come permuta o – nel caso di assegnazione di partecipazioni sociali – come conferimento.  Quest’ultimo si differenzia, infatti, dalla cessione in generale per la circostanza che il corrispettivo non è rappresentato da denaro, bensì da una quota di partecipazione al capitale sociale della società conferitaria, ossia del soggetto che riceve il complesso aziendale. 

La cessione d’azienda quindi altro non è che un’operazione di trasferimento di tutti i beni aziendali, organizzati in un contesto produttivo e volti all’espletamento delle attività imprenditoriali.

I soggetti protagonisti dell’operazione devono necessariamente assumere il ruolo di imprenditori oppure di società, quindi la condizione necessaria è che cedente e acquirente siano assoggettati alla normativa del reddito d’impresa. 

Oggetto del trasferimento può essere l’azienda nella sua interezza, quindi le relative attività e passività oppure un suo ramo specifico. Ai fini dell’operazione di cessione dell’azienda, non è necessario che vengano alienati tutti i beni aziendali, essendo sufficiente il trasferimento soltanto di alcuni di essi, purché – nel complesso di questi – permanga un residuo di organizzazione, che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure con la successiva integrazione ad opera del cessionario (Cass. 17.4.1996, n. 3627).

 

La cessione d’azienda: l’ambito normativo

Secondo il codice civile, le principali norme dell’operazione di cessione d’azienda sono le seguenti: 

#1 Imprese soggette a registrazione

Il contratto di cessione deve essere redatto in forma scritta ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di pubblicità legale, ovvero dell’iscrizione presso il Registro delle Imprese.

#2 Divieto di concorrenza

L’articolo 2557 c.c prevede che il soggetto cedente per un periodo di cinque anni dalla stipula del contratto di cessione debba astenersi dall’intraprendere una nuova attività imprenditoriale che si ponga in concorrenza con l’azienda ceduta, per oggetto o per ubicazione. Il venditore non potrà in altri termini vendere la sua azienda, e poi riprendere ad esercitare un’attività similare nella stessa piazza dell’acquirente.

La violazione del divieto di concorrenza si realizza anche nell’eventualità dell’esercizio “indiretto” di un’attività vietata ex art. 2557 c.c., che può configurarsi quando ci si avvalga di un prestanome ovvero si sia amministratori di società o procuratori: anche in tali casi, infatti, si possono sfruttare alcune informazioni derivanti dalla conoscenza della clientela e del mercato che possono danneggiare l’acquirente dell’azienda.

#3 Successione nei contratti

Regolato dall’articolo 2558, in questa operazione ad essere messa in primo piano è l’attività aziendale nella sua globalità, per questo è necessario che tutti i contratti in essere al momento della sottoscrizione vengano trasferiti in capo all’acquirente con l’unica eccezione per i contratti di natura personale (per esempio contratti di consulenza). Con questa previsione, l’azienda è tutelata e può continuare liberamente la propria attività. L’art. 2558, co. 2, c.c. riconosce al terzo contraente la facoltà di non accettare il subentro del cessionario dell’azienda, purché sussista una giusta causa, come nel caso in cui – per effetto della cessione – subisca un pregiudizio a causa di minori garanzie patrimoniali del subentrante-acquirente, rispetto all’originario contraente-cedente dell’azienda: al ricorrere di tale ipotesi, il terzo può recedere dal contratto, entro tre mesi dalla notizia del trasferimento.

Alcuni contratti godono tuttavia di una disciplina particolare:

a) i contratti di lavoro dipendente vengono sempre trasferiti e le condizioni contrattuali non possono essere modificate dall’acquirente;

Nel caso di prosecuzione del rapporto di lavoro in capo all’acquirente dell’azienda, si produce l’effetto del trasferimento dei diritti maturati dal dipendente presso il cedente, compreso il trattamento di fine rapporto. Il rapporto di lavoro prosegue con il cessionario senza soluzione di continuità, con la conseguenza, tra l’altro, che:

– deve essere conservata l’anzianità di servizio;

– deve essere mantenuto il diritto al godimento delle ferie maturate;

– devono essere corrisposte dal cessionario, per intero, le mensilità aggiuntive, incluse quelle maturate alle dipendenze del cedente;

– i conguagli fiscali dipendenti dall’assistenza fiscale proseguono in capo al cessionario;

– i conguagli fiscali e contributivi di fine anno devono tener conto della retribuzione complessiva percepita dal dipendente, per l’importo maturato sia alle dipendenze del cedente che a quelle del cessionario.

b) i contratti di locazione immobiliare continuano automaticamente, quindi il proprietario dell’immobile non può opporsi se non per gravi motivi (art. 36 legge 392/1978) reali e documentabili (ad esempio, lo svolgimento di attività illecite nei locali dell’impresa), oppure quando il cessionario sia stato dichiarato fallito, protestato ovvero risulti essere un soggetto notoriamente insolvente.

L’art. 36, co. 1, della Legge n. 392/1978 contiene un’ulteriore disposizione a tutela del locatore, laddove prevede che quest’ultimo possa agire nei confronti del cedente qualora il cessionario non adempia le obbligazioni contrattuali, introducendo, quindi, una responsabilità sussidiaria del cedente l’azienda, fatta salva la possibilità del locatore di consentire a liberarlo.

#4 Crediti relativi all’azienda ceduta

Secondo il legislatore, i crediti, vengono ritenuti automaticamente ceduti all’acquirente nel momento in cui avviene la registrazione dell’atto di cessione al Registro delle Imprese. Il debitore che in buona fede ha pagato il venditore dell’azienda, sarà liberato dal proprio debito.

Secondo l’opinione maggioritaria, il trasferimento dei crediti all’acquirente costituisce un effetto “automatico”, ancorché non necessario, della cessione d’azienda, non richiedendo una specifica indicazione nell’atto di trasferimento, ma potendo pur sempre essere escluso dalle parti, con riferimento a tutte o ad alcune poste creditorie, attraverso un’esplicita previsione contrattuale. 

Nell’ambito della cessione d’azienda, il trasferimento dei crediti avviene di regola “pro soluto” – ossia senza prestazione, da parte del cedente, della garanzia circa la solvibilità del debitore – nulla vieta alle parti di stabilire un patto contrario per tutti o soltanto alcuni dei crediti oggetto di cessione: in altri termini, può essere riconosciuto al cessionario il diritto di agire in regresso nei confronti del cedente, in caso di mancato adempimento da parte del debitore ceduto.

#5 Debiti relativi all’azienda ceduta

Particolarmente importante sono le previsioni per quanto attiene i debiti

A differenza di quanto si è detto per i crediti, il trasferimento dei debiti relativi all’azienda ceduta, anteriori alla cessione, non è automatico: l’art. 2560 c.c. richiede, infatti, l’espresso consenso dei creditori del venditore per il passaggio delle suddette passività all’acquirente e stabilisce una responsabilità solidale delle parti (Cass. 16.5.1997, n. 4351, Cass. 29.4.1998, n. 4367, Cass. 20.6.1998, n. 6173) per i debiti aziendali, anteriori al trasferimento, che risultino dai libri contabili obbligatori.

L’inesistenza di scritture contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la loro non obbligatorietà per lo specifico tipo di impresa, rende, peraltro, inconfigurabile l’elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti inerenti all’azienda ceduta (Cass. 9.3.2006, n. 5123), dovendosi escludere che l’iscrizione di detti debiti nei libri contabili obbligatori possa essere surrogata dalla prova che l’esistenza degli stessi era comunque conosciuta dal cessionario (Cass. 10.11.2010, n. 22831, Cass. 3.4.2002, n. 4726).

L’art. 2560 c.c. prevede in sostanza  due fattispecie:

  1.  nel caso in cui i debiti fossero oggetto di trasferimento il cedente è liberato dall’eventuale adempimento solo se i creditori ne abbiano consentito mentre nel caso opposto;
  2. se i debiti non vengono considerati nel contratto, comunque l’acquirente è chiamato a rispondere delle passività passate.

 

La cessione d’azienda: l’ambito fiscale

Nella cessione d’azienda, gli aspetti fiscali sono un ulteriore elemento che bisogna prendere in considerazione.

Intanto è necessario sapere che la plusvalenza realizzata dalla cessione a titolo oneroso di un’azienda è per il cedente un componente positivo di reddito e, dunque, è prevista dal Tuir sia per il cedente persona fisica sia per il cedente società di capitali. Nel caso di cedente persona fisica egli potrà, in ogni caso, optare per un regime di tassazione separata.

La plusvalenza sarà determinata dalla differenza tra il prezzo realizzato al netto degli oneri accessori, e il valore delle attività/ passività. Per oneri accessori andranno intese tutte quelle voci che non sono strettamente legate alla vendita, come l’imposta di registro della cessione d’azienda o le spese notarili.

Se invece a vendere è una società di capitali che possedeva l’azienda da almeno 3 anni, per l’applicazione dell’Ires potrà far concorrere integralmente la plusvalenza alla formazione del reddito dell’esercizio di competenza, oppure optare per la tassazione della plusvalenza in quote costanti suddivise in 5 anni (a patto di presentare un reddito di impresa nel quale si possano collocare lecitamente le quote della plusvalenza).

La plusvalenza della cessione d’azienda non è comunque imponibile ai fini Irap, e inoltre le cessioni d’azienda sono operazioni escluse dall’Iva, ma sono comunque soggette all’imposta di registro.

Infine, le persone fisiche che cedono la propria azienda possono valutare la possibilità di ricorrere al regime di tassazione separata, applicando alla plusvalenza conseguita l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio precedente all’anno di realizzazione della plusvalenza. Al reddito da plusvalenza verrà applicata dunque un’aliquota calcolata sul reddito medio degli ultimi 2 anni.

 

La cessione d’azienda: l’ambito contabile

La cessione produce i suoi effetti il giorno di sottoscrizione dell’atto notarile avanti il notaio designato dalle parti. 

Per determinare il prezzo di cessione il cedente redige una situazione patrimoniale assestata inserendo le relative rettifiche per l’apprezzamento del valore economico dei beni (per esempio il maggior valore dei cespiti o avviamento). Per questa operazione non è obbligatoria la perizia di stima ex art. 2343 del codice civile.

Dalla data della situazione alla data dell’atto la società oggetto di trasferimento avrà maturato un risultato economico positivo oppure negativo. Nel momento in cui viene definito il prezzo, difficilmente è possibile considerare questa differenza, di conseguenza è buona prassi riconoscere al cedente il valore prodotto in quel periodo prevedendo nell’atto di cessione il conguaglio compensativo in denaro.

Infine, le registrazioni contabili verranno effettuate successivamente alla data dell’atto di cessione, nello specifico:

  • il cedente storna il valore contabile degli elementi patrimoniali ceduti, rileva la plusvalenza da cessione d’azienda e il relativo credito verso il soggetto acquirente;
  • l’acquirente iscrive a valori correnti gli elementi patrimoniali, rileva l’avviamento e il relativo debito verso il soggetto cedente.

In questo caso è importante evidenziare che assume rilevanza fondamentale attribuire correttamente l’eventuale plusvalore derivante dalla cessione. In quanto, se il prezzo fosse superiore al valore contabile dell’azienda e questa differenza non fosse giustificata dall’esistenza dell’avviamento, contabilmente per il cedente le rilevazioni rimangono invariate mentre l’acquirente dovrà imputare quella differenza a riduzione delle riserve eventualmente presenti oppure a conto economico come costo d’esercizio. 

Nel caso opposto di prezzo inferiore al valore contabile dell’azienda (ad esempio perché la società versa in uno stato di crisi) il cedente dovrà rilevare una minusvalenza mentre l’acquirente, qualora valutasse che la società possa subire perdite future, allocherà la differenza a fondo rischi e oneri.

 

Contratto di cessione di azienda

Il contratto preliminare

Prima di procedere alla stipulazione del contratto definitivo di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, le parti tendono, nella prassi commerciale, a redigere un primo atto che assume la forma di un contratto preliminare, ossia di una semplice lettera d’intenti, mediante la quale le stesse si impegnano a concludere, in un momento successivo, il contratto definitivo che produrrà il passaggio di proprietà dell’azienda.

Il contratto preliminare di cessione deve contenere alcuni elementi essenziali, quali, ad esempio:

  • la descrizione dei beni costituenti l’azienda, o il ramo della stessa, oggetto della futura compravendita;
  • il prezzo pattuito e l’eventuale caparra da pagarsi all’atto della stipulazione del preliminare;
  •  le condizioni di pagamento;
  • la data entro cui formalizzare il definitivo passaggio di proprietà dell’azienda;
  • le eventuali condizioni sospensive o risolutive.

Il contratto preliminare deve essere concluso, ai sensi dell’art. 1351 c.c., nella medesima forma che la legge prescrive per il contratto definitivo, pena la nullità dello stesso: pertanto, atteso che, come vedremo (al di là della forma richiesta per l’iscrizione nel Registro delle imprese), il contratto di cessione d’azienda deve essere redatto in forma scritta, sia pure ad probationem, analogamente il preliminare deve essere stipulato in tale forma, anche mediante semplice scrittura privata non autenticata.

A garanzia degli impegni che andrà assumere il promissario acquirente, viene sovente previsto, ai fini della stipula del contratto preliminare, l’inserimento, a favore al promittente venditore, di una clausola penale (art. 1382 c.c.) – che consiste nella promessa di dare qualcosa in caso di inadempimento o ritardo nell’inadempimento, limita il risarcimento alla prestazione promessa ed è dovuta indipendentemente dalla prova del danno – o di una caparra (confirmatoria o penitenziale), mediante la consegna immediata di una somma di denaro.

La caparra confirmatoria, disciplinata dall’art. 1385 c.c., presenta le seguenti caratteristiche:

  •  in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione principale;
  • l’inadempimento della parte che ha dato la caparra consente alla controparte di recedere, trattenendo la caparra stessa;
  • l’inadempimento della parte che ha ricevuto la caparra consente alla controparte di recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra;
  • la parte che non è inadempiente può, in alternativa, domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, con diritto al risarcimento secondo le regole generali.

La caparra penitenziale (art. 1386 c.c.) costituisce il corrispettivo per il diritto di recesso previsto nel contratto: la parte recedente perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella ricevuta.

Particolari disposizioni sono previste, invece, nell’ipotesi in cui all’interno dell’azienda sia presente un bene immobile: in particolare, al verificarsi di tale condizione, potrebbe essere utile avvalersi della possibilità prevista dall’art. 2645-bis c.c., che consente di trascrivere il contratto preliminare, permettendo al promissario acquirente di assicurarsi una maggiore tutela dei propri diritti.

La trascrizione del contratto preliminare di cessione – che deve avvenire con scrittura privata autenticata o per atto pubblico – infatti:

  1. se seguita, entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo o, in ogni caso, entro tre anni dalla trascrizione del preliminare, dalla trascrizione del contratto definitivo (o della sentenza che accolga la domanda diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica), rende inopponibili al promissario acquirente le iscrizioni o trascrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del preliminare;
  2. al contempo, attribuisce un privilegio speciale ai crediti del promissario acquirente (per la restituzione di quanto pagato anticipatamente) sul bene immobile oggetto del preliminare nel caso di mancata esecuzione dello stesso, pur nel limite di tre anni dalla sua trascrizione.

 

Il contratto definitivo

L’operazione di trasferimento d’azienda si concretizza mediante la stipulazione di un contratto tra le parti, da redigere nella forma di scrittura privata autenticata o di atto pubblico dovendo essere iscritto nel Registro delle imprese entro 30 giorni ai sensi dell’art. 2556, co. 2, c.c., con effetto a partire dalla relativa data, sempreché le parti non stabiliscano diversamente.

Più precisamente, in base al co. 1 della citata disposizione codicistica, la forma scritta del contratto è richiesta ai fini della prova, e non della validità della cessione, potendo, in linea di principio, una cessione a titolo oneroso di un complesso aziendale perfezionarsi tra le parti anche sulla base di un mero accordo verbale. Ciò fatta salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto.

In altri termini, la forma scritta è richiesta ad probationem, e non ad substantiam, con la conseguenza che, in assenza di forma scritta – benché il negozio giuridico conservi comunque validità ed efficacia tra le parti – è precluso il ricorso alla prova testimoniale di cui all’art. 2725 c.c. e, di conseguenza, alle presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c.

Qualora, però, nel complesso dei beni trasferiti, siano compresi anche beni per il cui passaggio di proprietà la legge richieda una forma particolare – ad esempio, la forma scritta per i beni immobili ex art. 1350 c.c. – tale forma è allora richiesta ad substantiam e deve essere osservata, pena la nullità del relativo atto di trasferimento. La nullità dell’atto potrebbe, inoltre, estendersi all’intero negozio di cessione d’azienda, allorquando i beni svolgano una funzione determinante all’interno della stessa e, quindi, non siano facilmente sostituibili per le loro funzioni e caratteristiche. In particolare, il ruolo determinante dei beni può essere affermato nel caso in cui risulti che, in assenza di quei determinati beni, i contraenti non avrebbero sottoscritto il contratto definitivo di cessione.

A conferma di quanto sopra, la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al trasferimento di un’azienda mobiliare, ha escluso che la prova scritta sia richiesta a pena di nullità, così come nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento di un’azienda di piccolo commercio, non essendo la stessa soggetta a registrazione (Cass. 4.6.1997, n. 4986, Cass. 26.11.1997, n. 11851).

Nel contratto è, dunque, importante indicare distintamente gli elementi patrimoniali trasferiti che compongono l’azienda o il ramo della stessa oggetto di cessione, eventualmente allegando all’atto un inventario analitico dei beni. Nello specifico, è necessario indicare singolarmente tutti i beni immobili e beni mobili registrati (autovetture, autocarri, motoveicoli, ecc.), precisando, per i primi, gli estremi catastali e, per i secondi, la marca, il modello e la targa. Per i citati beni, infatti, occorre, altresì, procedere all’annotazione dei trasferimenti, rispettivamente, nei registri immobiliari e presso il Pubblico Registri Automobilistico.

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