A cura di del Dott. Ettore Tramontelli
Succede spesso di commettere l’errore di applicare in fattura un’Iva superiore a quella effettivamente dovuta.
Cosa succede in questi casi?
Si può conservare il diritto alla detrazione dell’Iva che, seppure erroneamente addebitata in fattura, è stata comunque corrisposta al cedente/prestatore?
L’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/97 stabilisce che l’applicazione errata dell’Iva in fattura non può di per sé limitare il diritto a detrazione ovvero dare luogo all’applicazione di una sanzione sproporzionata e collegata percentualmente all’ammontare di imposta applicata in eccesso.
Eppure la scarsa chiarezza delle norme e la presenza di orientamenti di prassi e giurisprudenza contrastanti sul tema, lasciano i soggetti Iva nell’incertezza, soprattutto dal lato del cessionario / committente.
Per questa ragione, il comitato scientifico del modulo Iva ha sentito la necessità di produrre sull’argomento un principio di interpretazione.
In effetti, l’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/1997 – da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 935, della legge 205/2017 – prevede che, se il cessionario/committente ha detratto un’imposta superiore a quella effettiva, il diritto alla detrazione viene comunque conservato con un’unica penalità consistente nell’applicazione di una sanzione in misura fissa.
Di fatto questa norma garantirebbe la neutralità dell’Iva nelle ipotesi di applicazione indebita dell’imposta senza necessariamente passare per i vari step previsti dalla procedura che termina con la richiesta di rimborso del cedente/prestatore di cui all’articolo 30-ter del Dpr 633/1972.
Eppure non mancano le criticità, in particolare dovute all’ interpretazione letterale dell’articolo 6, comma 6, del Dlgs 471/1997 avanzata dal giudice di legittimità (Cassazione, sentenza 24289/2020 e sentenza 10439/2021), secondo la quale l’ambito di applicazione della norma (i.e. la conservazione della detrazione) sarebbe limitato ai casi in cui l’imposta è dovuta, ma ne è errata la quantificazione e comunque soltanto per l’ammontare dell’Iva che sarebbe correttamente applicabile a quell’operazione.
Applicando tale principio e così escludendo la detraibilità dell’Iva non dovuta ogniqualvolta l’operazione non è soggetta ad imposta poiché esente, non imponibile od esclusa, si creerebbe di fatto una disparità rispetto al comportamento, consistente nell’applicare un’aliquota superiore a quella corretta, in un contesto comunque analogo al precedente.
Significativa in senso opposto è la sentenza del 15 giugno 2021, n. 2270 con la quale la CTR della Lombardia ha annullato la ripresa erariale relativa alla detrazione IVA e alle sanzioni calcolate in misura proporzionale in riferimento ad un’operazione esente erroneamente assoggettata ad IVA, disponendo l’assoggettamento della fattispecie alla sola sanzione in misura fissa prevista dall’art. 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997, applicabile nei termini delineati dalla sentenza della Corte di Giustizia C-935/19.
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